mercoledì 31 agosto 2011
Acqua per benedire i luoghi di culto
La raccolta delle acque
giovedì 25 agosto 2011
Ampelo
Una storia bellissima, romantica e commuovente quella del giovane Ampelo amato da Dioniso
Ampelo (dal greco antico Αμπελος, «vite») è una figura della mitologia greca.
Era un giovane amato da Dioniso. Morì accidentalmente, cadendo dal dorso di un toro imbizzarrito o da un albero sul quale si era arrampicato per cogliere un grappolo d'uva, a seconda della versione del mito che si vuole accreditare. Nella prima variante, riportata da Nonno, Ampelo fu poi trasformato in vite, recando agli uomini il dono dionisiaco del vino. Stando a Ovidio, invece, Dioniso lo tramutò nella stella Vindemiatrix (in latino «vendemmiatrice»), della costellazione della Vergine.
Secondo Nonno, Ampelo fu il primo amore di Dioniso. Il giovane, tenuto all'oscuro della natura divina del suo compagno, era coetaneo del dio e lo superava in bellezza. I due vivevano frasatiri e sileni presso il fiume Pattolo, in Lidia o forse in Frigia (Nonno confonde spesso le due regioni turche). Lo stesso Dioniso era incerto sulle origini del fanciullo: poteva appartenere alla stirpe dei satiri, tanto che aveva la coda, ma più probabilmente era figlio di Selene, dea della luna, ed Elio, il sole.
Il dio era perdutamente innamorato di Ampelo, e di lui gelosissimo, ma temeva continuamente per la sua vita, presentendone un destino simile a quello di Ila, Giacinto e Ganimede, tutti giovinetti amati da divinità o semi-divinità, sottratti prematuramente alla vita terrena.
I due compagni si confrontavano quotidianamente in una varietà di giochi, dalla lotta alla caccia, che Dioniso volentieri lasciava vincere al suo favorito. In occasione di una gara di corsa cui parteciparono Ampelo e due satiri, Cisso e Leneo, il dio intervenne per rallentare i rivali e garantire la vittoria all'amato[1].
Per colpire l'attenzione del suo amante, Ampelo si cimentava cavalcando tigri, orsi e leoni. Il dio, gli raccomandò però di guardarsi, nei suoi giochi, dalle corna del toro.
Dioniso aveva infatti ricevuto un segno dell'imminente morte del giovane: al dio era apparso un drago cornuto, che scagliava un cerbiatto adagiato sul proprio dorso contro le pietre di un altare, uccidendolo. Intuendo nella apparizione un presagio del destino che attendeva il giovane, il dio fu sul punto di piangere per la futura perdita, ma alla vista del sangue che arrossava la pietra dell'altare, e che preannunciava il dono del vino, eruppe in un riso di gioia. Su richiesta di Era, matrigna di Dioniso, la dea Ate, l'Errore, che si trovava in Frigia da quando Zeus furibondo ve l'aveva scagliata, si presentò ad Ampelo sotto le spoglie di un giovane satiro e gli consigliò di provare a cavalcare un toro, persuadendolo che con ciò si sarebbe guadagnato la predilezione del dio e la possibilità di guidarne il cocchio, che era stato affidato a Marone.
Ampelo si accostò a un toro che si abbeverava presso il Pattolo; dalle fauci dell'animale colava sul corpo del giovane un rivolo d'acqua, simbolo della fatica cui i buoi sarebbero stati costretti per irrigare le vigne. Ampelo ornò il capo del toro di narcisi e anemoni, fiori germogliati in seguito alla morte di Narciso e Adone, entrambi giovani cari agli dei; infine gli montò in groppa. Mentre galoppava sul dorso del toro, vedendo la luna, si prese gioco di Selene, che per punizione mandò un tafano a pungere il toro. L'animale, imbizzarrito, disarcionò Ampelo, lo trafisse con le corna e lo scagliò contro delle rocce, finché la testa non si staccò dal corpo.
Dioniso, disperato, asperse la ferita con l'ambrosia, il nettare degli dei, la cui dolcezza si sarebbe poi trasfusa nel vino. Eros, per consolarlo, raccontò al dio affranto la storia di un altro bellissimo fanciullo, Calamo, tramutatosi in canna a seguito di un amore sfortunato.
Frattanto le Ore, personificazione divina delle quattro stagioni, si recavano presso loro padre, Elio, custode delle profetiche tavolette di Armonia. Una di loro, Autunno, avrebbe presto avuto il capo adorno di tralci di vite, poiché era giunto il tempo del vino, previsto nell'ultima raffigurazione della terza tavoletta, che segnava l'avvento di una nuova era del mondo: vi era infatti rappresentata la Vergine, segno zodiacale di transizione fra l'estate e l'autunno, con in mano un grappolo d'uva[2].
I lamenti di Dioniso giunsero a commuovere Atropo, una delle Moire, filatrici del destino di ogni creatura. Costei diede nuova vita al corpo di Ampelo, che subito mise radici e si trasformò in un tralcio vite, scampando così all'Ade. Il dio strinse fra le mani un grappolo d'uva, e dal nuovo frutto stillò un succo che aveva la stessa dolcezza dell'ambrosia, e che donava l'ebbrezza: il vino aveva fatto la sua prima comparsa sulla terra.
Cisso, il satiro con cui Ampelo aveva gareggiato, si sarebbe trasformato nell'edera che si avvolge alla vite, mentre Calamo, la canna, l'avrebbe sostenuta contro il vento[3].
Ovidio, oltre a precisare che Ampelo era figlio di un satiro e di una ninfa, racconta una versione diversa del mito: Dioniso e il suo favorito vivevano sui monti Ismari, in Tracia; il dio aveva affidato ad Ampelo un rampicante che pendeva dalle foglie di un olmo. Il giovane, arrampicatosi sull'albero per cogliere il frutto del rampicante, perse l'equilibrio e morì nella caduta: la pianta prese così il nome di Ampelo, «vite». Dioniso, addolorato, tramutò il giovane nella stella Vindemiatrix[4].
La Vindemiatrix, appartiene alla costellazione della Vergine; la sua apparizione a oriente, subito prima dell'alba, segnalava un tempo l'inizio del periodo della vendemmia, a settembre; a causa della precessione degli equinozi oggi sono le stelle della costellazione del Leone a comparire in quella posizione all'inizio dell'autunno.
martedì 23 agosto 2011
lunedì 22 agosto 2011
Sciamanesimo dei nativi
Il Grande Spirito (o piu propriamente Grande Mistero) è quello che i nativi americani chiamavano Wakan Tanka che per i nativi americani rappresentava la divinità suprema. Dove la divinità non era intesa come viene concepita nelle religioni monoteiste. Non era un essere rappresentabile, bensi un concetto, l’espressione di tutte le cose, il raggiungimento della perfezione che si esprimeva con i miracoli della natura, la Forza suprema, il soffio di vita. Wakan Tanka era lo sbocciare di un fiore, lo scorrere dell’acqua, il sibilo del vento. E il suo culto era silenzioso, intimo, privato, di lieto ringraziamento.
Francis La Fleche, un etnologo appartenente alla tribù degli Osage-Sioux scriveva: «Ogni essere vivente è Wakan. Wakan è ogni cosa che possegga un potere, sia esso attivo come quello del vento o quello che spinge le nuvole, oppure passivo, di resistenza, di sopportazione, come quello dei ciottoli che si trovano lungo le strade. |
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- il nord, a cui è associato il colore bianco e da cui “proviene il grande vento bianco che purifica”, è il luogo dove abita il gigante Waziah.L'elemento associato è la terrae l'animale totem è il bisonte. - al sud è associato il colore rosso e da esso giunge l’estate ed il potere che fa crescere, qui vive il Cigno Bianco che attende alla vita di tutti i popoli dell’universo.E' legato all'elemento fuoco e come animale totem è associato il topo. -ad ovest, dove vivono gli esseri del tuono che mandano la pioggia e dove il sole tramonta vi è il colore nero: qui abita Wakinian-Tanka, il grande Uccello del Tuono dell’Ovest, “in una capanna in cima ad un monte al confine del mondo dove il sole tramonta”.L'elemento associato è l'acqua e l'animale totem è l'orso. |
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sabato 13 agosto 2011
giovedì 11 agosto 2011
Boiate!!!
La Vecchia Religione, come già spiegato, ha diverse tradizioni, ma la più conosciuta è quella descritta in Aradia, o il Vangelo delle Streghe, dove il Culto delle Streghe si concentra sulla figura della Dea Diana e del suo figlio, fratello e consorte Lucifero, descritto come Divinità Solare. Il testo ci racconta che Diana, vedendo gli uomini poveri continuamente oppressi dai ricchi e dal clero cattolico, inviò la sua Figlia Divina Aradia (Erodiade) sulla Terra, per liberare la gente dalla schiavitù e far rifiorire la Vecchia Religione. Nel libro esso si presenta come un culto lunare, concentrato sulla Celebrazione delle Lune Piene, dove vengono fatte preghiere, canti, danze e banchetti con del pane e del vino a Diana.
La Stregheria è caratterizzata da pratiche fortemenre teurgiche, cerimoniali e formulaiche. Gli streghici usano il pentagramma come simbolo sacro; tra gli oggetti liturgici contemplati vi sono il calice, l'atamé e la bacchetta; i rituali si svolgono all'interno di un cerchio sacro dove solitamente è collocato un altare direzionato verso il nord.
Riti comuni includono preghiere e benedizioni delle offerte.
Gli Esbat sono i pleniluni; per la Stregoneria il plenilunio è molto importante perché rappresenta un momento di forti energie, inoltre la Luna è sempre stata l’identificazione della Dea.
Le Lune piene sono 12 in un anno; tranne ogni 4 anni, dove compare la “Luna Blu”, cioè la 13° Luna.
Diana un giorno ha guardato giù e ha detto "i cattolici sono brutti e cattivi recupero lucifero e ci mettiamo all'opera!"
Vogliamo parlare della luna blu ogni 4 anni? quello è l'anno bisestile!!! ci sono sempre 13 lune in un anno!!!!!
commentate anche voi
martedì 9 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Lughnasadh
Anche se eravamo solo in due sabato sera è stata una bella serata, la luce viola (... ... ...) il sole che piano piano si spegneva per lasciare spazio alle stelle.
Questo sabba per noi scn è stato dedicato alla terra e alle sue energie protettive. Abbiamo creato delle bottiglie delle streghe che ci accompagneranno e proteggeranno fino a Imbolc poi tornerà tutto alla natura.
Purtroppo non c'è stata occasione per il rito per catturare le energie solari, ognuno lo farà per conto suo ma sono venute fuori delle belle idee per i prossimi riti.
Io ieri ho anche trovato un quadrifoglio, quindi mi aspetto tanti eventi fortunati da qui in poi.!!!